Gottfried Wilhelm Leibniz - Nuovi saggi sull'intelletto umano. Testo francese a fronte (2011)
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Composti tra il 1703 e il 1704, e pubblicati postumi da R.E. Raspe nel 1765, i ''Nuovi saggi sull'intelletto umano'' costituiscono un trattato di filosofia della conoscenza, ma scandito secondo la prospettiva metafisica elaborata dall'''autore del sistema dell'armonia prestabilita'', come suona il sottotitolo del volume. Sono redatti in forma di dialogo tra Filalete, seguace di Locke, e Teofilo, portavoce di Leibniz, e i loro capitoli seguono pari passo, a mo' di commentario analitico, quelli del ''Saggio sull'intelletto umano'' di Locke. Gli estremi della disputa tra i due filosofi, imperniata per lo più sul tema della teoria della conoscenza in generale, sono riassumibili, da un lato, nell'assioma empirista lockiano, di tradizione aristotelico-tomista, secondo cui ''nihil est in intellectu quod non fuerit in sensu'' (niente è nell'intelletto che non sia già stato nella sensibilità), e, dall'altro lato, nella risposta corrosiva e tagliente di Leibniz: ''excipe: nisi ipse intellectus'' (a eccezione dell'intelletto stesso). Ma, oltre al confronto con la posizione teorica di Locke, Leibniz fornisce al lettore i fondamenti e i principi del proprio sistema speculativo, tra i quali spiccano: il concetto di monade quale sostanza individuale, inestesa, dotata di attività; la teoria delle piccole percezioni, intese come processi e stati mentali inconsci (teoria che apre la strada alla scoperta dell'inconscio); la ''lex continui'', ovvero la legge della connessione totale del mondo, che non tollera né salti né vuoti; il ''principium individuationis'', basato sul principio metafisico di identità degli indiscernibili; il principio ontologico dell'infinita molteplicità e diversità del reale; la massima secondo cui ''il fondo delle cose è ovunque identico''.
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