Jean Fallot - Il piacere e la morte nella filosofia di Epicuro. La liberazione epicurea (1977)
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Quello di Jean Fallot è un caso singolare: il caso di uno scrittore molto più noto in Italia che in Francia: da noi tradotto e introdotto, e nel suo Paese tenuto in disparte per il riserbo dei suoi studi e per i suoi atteggiamenti politici. Filosofo marxista, uscito dal Pcf nel 1964, con una chiara rottura verso sinistra ma con un altrettanto lucido giudizio sugli estremi movimenti gauchisti, Fallot non è mai mancato a un impegno militante anche nella sua attività intellettuale, di cui questo saggio su Epicuro - appositamente riscritto e ampliato per l'edizione italiana che qui presentiamo - è un frutto straordinario L'opera è una lettura dall'interno dei testi epicurei, soprattutto di etica e di psicologia, ma non una lettura freddamente filologica o pedante, bensì l'appassionata costruzione di un amore e delle sue ragioni, la comunicazione delle risposte che nel materialismo epicureo Fallot ha trovato alle proprie inquietudini, personali e filosofiche insieme. «L'atteggiamento del marxista Fallot verso Epicuro - scrive Sebastiano Timpanaro nella sua documentata prefazione - è paragonabile all'amore che molti uomini del nostro tempo, anche marxisti, hanno per Freud come "liberatore", al di là dei dubbi o dei dissensi su singoli punti della dottrina freudiana». La mediazione di un pensatore classico alle ansie più proprie dell'uomo contemporaneo costituisce l'elemento di novità e quasi di provocazione di questo libro. Che poi vi si ritrovi il virile pessimismo lucreziano più che l'edonismo appiccicato e irriso in Epicuro dai suoi avversari, è un segno ulteriore della sofferta serietà con cui l'autore si riaggancia all'antico maestro, e del dramma dell'umanità attuale.
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