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RUINER (2017) [ENG][Multihost]


G4U55
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Descrizione

Il Cyberpunk non è solo un ideale estetico: è la materializzazione di un desiderio. La fascinazione del bit, l'idolatria dell'acciaio freddo, l'invidia di un cuore cablato, sono l'espressione di una pulsione recondita -e quasi erotica- del ventunesimo secolo. È la necessità di perdersi per i vicoli di una megalopoli di vetro antiriflesso, di nullificarsi all'interno di un codice binario, sciogliendo la propria coscienza dentro una delle più grandi e terribili conquiste dell'uomo moderno: la tecnologia. Il futuro. Ruiner è esattamente questo: un viaggio forsennato dentro un immaginario affascinante e magnetico, indissolubilmente legato al mondo videoludico. Un rave di otto ore a base di tecno e ultraviolenza, dove non ci sono pause, ma solo vendetta. Oltre a questo, Ruiner è anche un ottimo brawler; un twin-stick shooter con visuale isometrica, frenetico nei ritmi ed esigente nella difficoltà, dotato di un meraviglioso comparto grafico e accompagnato da una colonna sonora portentosa.

È anche il titolo d'esordio dei Reikon Games, piccolo studio indie di origine Polacca, che però vanta fra le sue fila anche grandi veterani dell'industria, fra cui ex membri di Techland CDProjekt Red. Il publisher, ovviamente, non poteva che essere Devolver Digital, e solo questo potrebbe bastare a darvi un'idea della qualità del prodotto. Noi ce lo siamo divorati in una sola notte, al buio e con le cuffie rigorosamente a volume massimo, finendo per esserne praticamente assuefatti. All'alba gli indici erano sanguinanti, le sigle "LB" e "RB" incise sui polpastrelli, ma vi garantiamo che sul nostro volto c'era un inequivocabile ghigno di soddisfazione...

Ruiner è il nome di una pistola; una pesante otto-colpi dal fuoco automatico, quella che usa il nostro protagonista. Lo chiamano Puppy, "cucciolo", ma come potete immaginare è un eufemismo. Indossa un giubbotto di pelle e porta una maschera-schermo, dove compaiono frasi sconnesse, volti e figure glitchate, come un test di Rorschach. Non ha un vero nome, e apparentemente neanche un passato, come del resto nessuno a Rengkok City. Nessun frammento di memoria, nessuna casa, soltanto una frase: "KILL BOSS". Il prologo dura una ventina di minuti, nei quali ci facciamo largo a suon di sprangate dentro un complesso industriale hi-tech. Sangue e bossoli ovunque, e poi il buio. Hard reset, lo chiamano. Ci risvegliamo nei sobborghi di una metropoli fatiscente, è il 2091.

Metallo, neon e tubature ovunque. E poi lei, semplicemente, "HER". Una giovane hacker che ci parla direttamente nel cervello, tramite frasi a schiaffo e qualche emoticon che a malapena comprendiamo. Ci spiega che hanno preso il controllo delle nostre azioni, hanno bypassato il nostro libero arbitrio, volevano farci ammazzare il boss di HEAVEN. Neanche riusciamo a parlare, ma in compenso abbiamo un braccio bionico che non sembra niente male. Un vecchio sta armeggiando con il nostro cervello. Adesso siamo a posto, dice. Usciamo in strada e ci facciamo largo fra uno sciame di punk, spostati e puttane; non è chiaro 
cosa ci aspetta, ma di sicuro ha a che fare con una vendetta.

 

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